PD Veneto: abbiamo fallito
Lo dico da subito, mi adeguerò alla decisione finale del PD Veneto, ma la scelta di non rimettere subito le dimissioni vere del segretario e di tutta la segreteria veneta del PD nelle mani di Matteo Renzi, sia un errore politico.
Ma cosa deve ancora succedere perché tutti si faccia un passo indietro?
Siamo stati sconfitti in modo eclatante in Regione, abbiamo perso a Venezia e Rovigo, abbiamo perso tutti i ballottaggi importanti del Veneto, Lonigo, Portogruaro solo per fare alcuni esempi. È stata una Caporetto. Tutti ne siamo responsabili, nessuno escluso: ora dobbiamo ammettere che abbiamo fallito.
Abbiamo avuto la presunzione di potercela fare e da soli al primo turno, scoprendo amaramente che ancora una volta non sappiamo ascoltare i veneti. Abbiamo pensato che sul grande risultato del voto europeo del 2014 saremo stati trascinati alla vittoria regionale, ma quell’innamoramento dei veneti è stato con Matteo Renzi e non con il Partito Democratico Veneto.
Ora oltre alla nostra sconfitta, c’è il dato negativo della Liguria. Oggi tre Regioni del Nord: Lombardia, Veneto e Liguria, sono governate dal centrodestra, e se dovessimo ritornare al voto in Piemonte non sarà semplice riconquistare la Regione. Siamo dentro fino al collo ad una questione settentrionale, da tempo irrisolta e per questo per noi ancora più drammatica rispetto a 15 anni fa.
La mia convinzione è che siamo di fronte un dato strutturale che investe tutto il nord, siamo di fronte ad una crisi profonda della nostra rappresentanza veneta, sia in termini di proposta che di classe dirigente.
Ora mettere in campo liturgie del passato con dimissioni date, ma poi l’invito a rimanere per portare quanto prima il PD al congresso, per l’ennesima conta interna, penso siano soluzioni dal sapore antico e che non sono utili al PD Veneto.
Dobbiamo aprire “un nuovo cantiere veneto” chiamando a raccolta le migliori intelligenze riformiste venete, dobbiamo dare l’avvio a studi di elaborazione politica, mettere attorno ad un tavolo le migliori nostre esperienze amministrative, con i quali iniziare a ragionare per rilanciare una nostra autorevole presenza veneta: partendo per quanto mi riguarda da tre parole chiave: lotta alla burocrazia, riduzione delle tasse, sostegno alla piccola e media impresa veneta.
E poi dovremmo osare di più trovando una nuova dimensione tra stare dentro un partito nazionale e al contempo cercare di rappresentare quel respiro autonomistico che alimenta grandi parti della nostra popolazione.
Per questo penso che tutta questa fase straordinaria non possa essere gestita da chi ha fallito, pena la credibilità della missione.
Il mio consiglio ora è che il segretario regionale e con lui a tutta la segreteria del partito veneto valutino l’opportunità di rassegnare da subito le proprie dimissioni in modo definitivo e irrevocabile nelle mani di Matteo Renzi. Poi toccherà al nostro segretario nazionale, valutare modi e forme per riprendere un nostro nuovo cammino, attraverso anche una fase di commissariamento, che non va vista come una lesa maestà, o come uno sfregio alla nostra rappresentanza, ma invece come un sostegno, come un impegno nazionale ad aiutarci e ne abbiamo francamente bisogno, visto i risultati che abbiamo prodotto.
Il congresso che alla fine sarà necessario fare, dovrà essere la tappa conclusiva di un percorso di grande riflessione straordinaria, non il punto di partenza di una nuova mediazione al ribasso. Non vedo nulla di scandaloso, se dopo il nostro fallimento, si chiede l’intervento di Matteo Renzi. Per me lo scandalo dopo questi risultati è di far finta di niente, traccheggiando con formule ancora una volta incomprensibili ai veneti.
Gianni Dal Moro
deputato PD