Un chiarimento sulla vicenda Ca’ del Bue
In questi giorni è montata sulla stampa una questione i cui contorni vanno precisati e che deve essere chiarita in ogni suo dettaglio per evitare malintesi o falsità: quella relativa allla presunta “riesumazione” di Cà del Bue ad opera del Governo.
Così non è, per i motivi che spiego.
Opportuna una premessa: nella diversità di situazioni, alcune anche drammatiche, che il Paese presenta dal punto di vista dello smaltimento dei rifiuti, il Governo ritiene che sia necessario prevedere, oltre ad una forte azione a favore della raccolta differenziata, l’attivazione di impianti di termovalorizzazione laddove non sia possibile smaltire altrimenti la quantità di rifiuto non riciclabile. Lo stesso Ministro dell’Ambiente, autore della rivoluzionaria e modernissima legge sugli eco-reati, ha ribadito l’assoluta urgenza che l’art. 35 dello Sblocca-Italia venga licenziato dalla Conferenza Stato-Regioni quanto prima possibile, proprio alla luce della situazione drammatica che esiste in alcune aree del Paese.
Con questo intento, il Governo ha chiesto alle Regioni italiane di “fotografare” la propria situazione, indicando quale sia il rapporto tra fabbisogno e offerta di incenerimento.
La Regione Veneto, con il piano regionale dei rifiuti approvato durante l’ultima seduta del Consiglio prima delle elezioni, anche con il voto del Partito Democratico, ha stabilito che il Veneto ha necessità di incenerire 150.000 tonnellate/anno di rifiuto non riciclabile. Il piano contiene alcune decisioni molto positive, quali ad esempio la cancellazione della centrale a pollina di Castagnaro e la previsione dell’obbligo di raggiungere la quota del 76% di raccolta differenziata entro il 2020 (senza però prevedere sanzioni per il mancato rispetto), e la sua approvazione ha evitato alla Regione Veneto di subire pesanti sanzioni dall’Unione Europea. Tuttavia il piano della Regione è completamente sballato nella previsione di fabbisogno di rifiuti da incenerire in Veneto. Infatti i due inceneritori esistenti in Veneto (quello di Padova e quello di Schio) sono ampiamente in grado di sopperire alle attuali esigenze della regione.