Il DDL Cirinnà e le contraddizioni del M5S
In molti si stanno domandando: come può un cavillo procedurale, capovolgere la posizione di un partito su un tema sociale così importante come quello dei diritti civili ai cittadini omosessuali? Per il M5S evidentemente sì. Delusione, l’ennesima, di tutti coloro che avevano per un attimo immaginato una trasversalità della classe politica più progressista su un tema come questo, come ai tempi della legge sull’aborto o quella sul divorzio, invece nulla da fare. Meglio il dispiacere del PD, che i diritti civili ai cittadini; così ha deciso il M5S sbagliando del tutto l’impostazione politico-strategica, come stanno dimostrando le reazioni pubbliche e per come Renzi si sta destreggiando in questo complicato frangente. Ma si sa, senza scomodare insigni sociologi, l’odio per il presunto “nemico” è un collante fortissimo.
Ma proviamo a cercare una spiegazione un po’ più articolata a fatti disorientanti come questo.
Il PD, tramite la prima relatrice, Cirinnà, porta il disegno di legge alla votazione delle aule dopo aver ottenuto un largo consenso in commissione anche dai parlamentari del Movimento 5 Stelle lì presenti e nonostante l’opposizione interna dell’area cattolica del suo stesso partito. Alcuni di questi senatori pentastellati si dichiarano apertamente favorevoli alla legge e rassicurano sull’iter parlamentare nonostante l’ordine di scuderia che all’ultimo momento ritira l’iniziale dichiarazione di intenti favorevole dell’intero gruppo e lascia libertà di voto secondo coscienza al singolo parlamentare M5S.
I temi di fondo di questa legge sollevano questioni spinose (riconoscimento dei diritti dei cittadini omosessuali, delle coppie gay e dell’omogenitorialità) in un paese come il nostro dove il fronte delle opposizioni compendia lo zoccolo duro conservatore che va immediatamente saldarsi con una parte di quello cattolico su principi pre-moderni e dove dall’altro lato il coro del mondo scientifico è del tutto unanime nel rassicurare l’opinione pubblica sulla indifferenza dell’orientamento sessuale rispetto alla valenza e qualità della genitorialità e in confronto alla genitorialità etero.
Poi improvvisamente i nodi vengono al pettine: non si trova un accordo sulle procedure di voto in aula, si rimanda alla settimana successiva e il voto favorevole all’impianto della legge (senza emendamenti liberticidi delle minoranze) sembra fortemente minacciato, con la relatrice sconfortata e pronta a lasciare la politica dopo aver ammesso i propri errori. Il PD non riesce a ricomporre le posizioni interne e il M5S dimostra la sua vera anima, cioè quella di un movimento privo di principi strutturanti, di una visione della società e dell’uomo contemporaneo, privo in sostanza di una vision filosofico-politica, di una visione teoretica della politica e dei suoi principi costitutivi. Quindi un’entità che di fatto raccoglie posizioni e umori di ogni genere, senza una precisa identità.
Il M5S si muove esattamente in questo spazio di liberazione apparente. Il cittadino è, secondo la teoria movimentista, protagonista della politica (uno vale uno), partecipante all’intelligenza collettiva indignata e rivoluzionaria attraverso la democrazia diretta della rete, elegge rappresentanti in Parlamento che sono solo dei “portavoce” che può controllare e indirizzare e che devono rispondergli in ogni momento, partecipa alla costruzione dei programmi, alla selezione e scelta dei candidati, impone l’onestà come metodo e contenuto di tutta l’azione politica, e via dicendo.
In realtà il M5S si comporta coerentemente con le proprie premesse del tutto opache e cioè: il verticismo di fatto relativamente alla proprietà del logo e del nome, ancora di proprietà di Grillo, l’inganno della dichiarata leaderless che di fatto costruisce e riafferma nei momenti topici le leadership reali (nemmeno occulte) di Grillo e Casaleggio che impongono la linea (vedi appunto proprio quest’ultimo episodio del voto al DDL Cirinnà), l’inganno della democrazia diretta, tecnicamente labile e non riscontrabile, che fa del movimento un partito rappresentativo come tutti gli altri, ma travestito da democratico-diretto, come dimostrato nella sempre tardiva e non trasparente diffusione dei dati delle consultazioni on line. Infine, ma forse più rilevante come problema, la dichiarata non definizione politica del movimento, che di fatto lo trasforma in una sorta di collettore al servizio dei malumori elettorali dei cittadini e dei calcoli elettorali dei suoi portavoce.
Ma non solo, il movimento nasce esattamente nella “pancia” dolente e mortificata della realtà sociale italiana nella crisi economica e culturale e da questa zona simbolica del corpo non intende spostarsi di un millimetro. Essendo un assemblaggio non identitario di istanze e malumori sociali, tutto fa brodo ed è impossibile individuare una direzione precisa e univoca, una presa di posizione netta sulle tematiche etico-politiche. Ora sembra prevalere un’ottica ecologista anticapitalista, ora invece una passivamente neoliberista; ora prevale la spinta al cambiamento, ora una spinta reazionaria di stampo fascistoide e antimodernista, e tutto questo calderone appare convivere allegramente sotto l’egida di quello che gli attivisti si ostinano a definire il “catalizzatore” Grillo che fa finta di mettersi da parte, ma che in realtà rimane con Casaleggio, l’unico effettivo portavoce e leader.
Il movimento ricomprende così in ogni forma le suggestioni ribelliste e riformistiche della società italiana, di fatto anestetizzandole in quanto si muove esattamente nell’area dell’auto-assoggettamento volontario e compiacente, utilizzando la piattaforma digitale, con un atteggiamento fideistico nelle scelte del “capo”.
Qualcuno senz’altro obietterà: ma gli altri sono anche peggio di loro, il sistema politico italiano è un teatro di burattini in mano ad interessi di questo e di quello e non dei cittadini e i partiti sono mere casse di risonanze di questi interessi e null’altro. Ma un baraccone senza una direzione data da un’identità filosofico-politica, muove solo illusioni e ingenue suggestioni, senza capacità operative, se non quelle determinate da una leadership occulta, che sta facendo i propri interessi economici. La riprova sono le continue e quotidiane defezioni di chi, una volta riscontrate le contraddizioni insite nelle caratterizzazioni del movimento, riprende il contatto con la realtà, quella non virtuale, e ne trae le conseguenze.
Lorenzo Dalai
responsabile Lavoro, Welfare e Sanità PD Verona
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