On. Diego Zardini: Il referendum sull’indipendenza del Veneto non sia occasione persa ma proposta attiva su Autonomia differenziata
Dopo due anni dal via libera della Corte Costituzionale al referendum sull’autonomia, il 21 aprile scorso il Presidente del Veneto si è deciso finalmente a fissare la data per la sua celebrazione, il 22 ottobre prossimo. Questo, nonostante i toni utilizzati finora da Luca Zaia, non è il referendum di una parte politica, infatti la Consulta ha ritenuto l’utilizzo di questo strumento di democrazia diretta utile a tutti i veneti per far sentire la loro richiesta di giustizia fiscale, di semplificazionee di strumenti di buon governo analoghi a quelli che hanno le regioni a Statuto speciale confinanti, proprio per affrontare le sfide attuali e del futuro e rispondere così ai bisogni delle nostre famiglie, dei nostri giovani e del tessuto socio-economico nel suo insieme. Nonostante che già 16 anni orsono, data della Riforma Costituzionale del 2001, che all’articolo 116 comma terzo prevedeva la possibilità di contrattare l’autonomia su di una serie di materie importantissime, solo ora la regione del Veneto si muove. Tant’è che i veneti stanno ancora aspettando soluzioni concrete per quel che riguarda il federalismo fiscale; ma occorre tenere presente che la materie interessabili sono anche Ambiente, Energia, Ricerca, Commercio estero, Infrastrutture, Istruzione, Sicurezza, Beni culturali.
In uno studio pubblicato nel 2013, è stato evidenziato, ad esempio, che nel caso di applicazione dell’art. 116 in Veneto si avrebbe uno spostamento di risorse di oltre 4 punti del Pil regionale, mentre la gestione a livello locale delle risorse avrebbe ”un effetto volano” sul Pil pro-capite, che potrebbe così crescere del 9,2 %. In sostanza, l’aumento delle competenza determina un incremento della ricchezza regionale e, nello stesso tempo, favorisce l’erogazione di un servizio sicuramente più efficiente e più vicino alle esigenze dei cittadini in ragione della sua allocazione.
La differenziazione dell’autonomia regionale diventa così uno scenario possibile anche per le regioni di diritto comune, con la conseguenza che le tipologie diventano così tre: la specialità storica, l’autonomia di diritto comune disegnata dalle norme del titolo V, il regionalismo differenziato.
Checché ne dica il Presidente Zaia l’autonomia alla maniera delle province autonome di Trento e Bolzano risulta pertanto non perseguibile.
Zaia peraltro ha già perso tempo prezioso, per il tergiversare sulla data della convocazione, al punto che Roberto Maroni ha assunto di recente un’analoga iniziativa referendaria per la Lombardia, che temo non gioverà politicamente alla causa veneta. Risulta opportuno quindi che i partiti e i movimenti politici inizino finalmente a informare i cittadini sui contenuti e i benefici concreti del progetto di autonomia differenziata che verrà proposto al Governo, dopo il referendum, che ha “un valore propedeutico”, come ha sottolineato la Consulta.
Il 22 ottobre può essere una data significativa: dopo 151 anni dalla prima volta in cui fu consentito ai veneti di decidere con un plebiscito l’unione all’Italia, potremo esprimerci con uno strumento di democrazia diretta anche sul bisogno di autonomia di un popolo la cui cultura di autogoverno ha le sue radici secolari nella Serenissima.