Riflessioni e proposte per un confronto in preparazione al congresso provinciale del gruppo veronese aderente alla mozione “Unire l’Italia; unire il PD”, di Andrea Orlando e, nel Veneto, di Giovanni Tonella.
Verona, 14 settembre 2017
Questo testo, condiviso tra chi ha sostenuto la mozione “Orlando – Tonella” per il congresso nazionale e regionale, deve essere considerato un’offerta di confronto rivolta agli iscritti del Partito Democratico veronese. Speriamo che tutti, nel PD ed anche fuori di esso, si sentano rispettati e valorizzati da questa offerta di dialogo che formuliamo in preparazione al congresso. Da parte nostra ribadiamo la disponibilità al confronto su questi temi o su quelli che ci verranno proposti per far crescere un PD veronese che si riprenda, meritandoselo, il ruolo di guida della società veronese.
Quello che vi propongo è di ridurre le distanze.
Quelle economiche, sociali, culturali.
E anche le distanze tra di noi.
I fatti più recenti.
La storia recente del partito democratico veronese, veneto e nazionale deve essere correttamente interpretata per delineare la strategia per il futuro, anche a livello locale.
Dopo le Elezioni Europee del 2014, in cui il PD ha raggiunto il suo picco elettorale con il 40% dei consensi, si sono susseguite varie tornate elettorali, regionali, provinciali e comunali, che hanno fortemente ridimensionato quel risultato. Il culmine si è raggiunto con il referendum del 4 dicembre 2016, fortemente voluto dal PD e caricato di un forte significato politico dal nostro segretario nazionale, il cui esito è noto ed a cui, purtroppo, non ha fatto seguito un’attenta quanto necessaria analisi delle ragioni che hanno decretato la netta sconfitta del SI.
Tra i tanti dati di rilievo giova però sottolineare la disaffezione dei giovani e delle periferie, geografiche e sociali, verso il PD. Un tema, questo, che assume portata dirimente in prospettiva futura e che si è riproposto anche nelle recenti elezioni amministrative di Verona.
I più recenti sondaggi sugli orientamenti elettorali ci dicono che il PD è tornato sui livelli raggiunti alle ultime elezioni politiche, con una tendenza a ridurre i consensi. Al netto delle fisiologiche oscillazioni è probabile che il PD, anche a seguito della dolorosa scissione intervenuta nel Partito, non possa ambire a conquistare da solo quella fetta di consenso che gli possa garantire l’autosufficienza di governo. Si pone, quindi, un grande tema di discussione con riguardo alla proposta politica che si intenderà avanzare alle prossime elezioni nazionali.
Il Parlamento non ha ancora trovato la condivisione sul testo della nuova legge elettorale. La vocazione maggioritaria del PD è un valore da ribadire, ma in un contesto tripolare come quello attuale si prospetta la necessità di identificare quanto prima chi saranno i nostri compagni di strada. Un’alleanza credibile e solida non può essere costruita all’ultimo momento.
Noi crediamo, senza nasconderci le difficoltà che si prospettano, che vada fatto un forte investimento per costruire un centro-sinistra largo e aperto. Servono passi indietro di molti per fare un passo avanti insieme.
A livello veronese il Partito non ha saputo trasformare il credito di fiducia attribuitoci dagli elettori italiani alle ultime europee in una proposta politica riconoscibile e premiabile. Nonostante il governo Renzi abbia introdotto riforme importanti, se pur non sempre pienamente condivise, ampiamente negativi sono stati i risultati delle elezioni regionali e di quelle provinciali a cui si aggiungono gli insuccessi nei Comuni di maggiori dimensioni, come San Giovanni Lupatoto, ed ora le sconfitte di Cerea e Verona. Al riguardo è parsa evidente la sproporzione tra l’azione politica posta in essere dal gruppo consigliare, ed in particolare dal suo primo capogruppo, rispetto a quelle realizzate dalle segreterie cittadina e provinciale. Come spesso accade, emerge più l’iniziativa di alcuni amministratori che quella delle segreterie politiche.
Si tratta di una preoccupante distorsione della normale fisiologia di un partito “in salute”, i cui rappresentanti nelle istituzioni dovrebbero esercitare un ruolo di finalizzazione di una linea politica pensata, discussa e decisa nelle sedi e negli organismi istituzionali a ciò deputati. A Verona gli organismi non si sono riuniti con la frequenza che sarebbe stata necessaria ed opportuna per affrontare in modo significativo e condiviso le scelte politiche importanti. Si è diffusa la sensazione che le vere decisioni venissero prese altrove, con conseguente scoramento da parte di molti militanti ed il consolidamento di fazioni che hanno fatto riferimento più ai singoli onorevoli ed ad altri eletti che a vere e proprie proposte politiche.
Crediamo che riportare al centro della nostra azione politica i concetti di “rispetto reciproco, discussione e confronto” sia pre-condizione per edificare dalle fondamenta la nostra comunità. Se non ritroveremo una corretta modalità di stare assieme, riducendo le conflittualità e favorendo relazioni diverse e nuove, difficilmente potremo acquisire autorevolezza propositiva ed un consenso più ampio.
A prescindere dal concorso di cause che ha portato alla grave sconfitta nelle amministrative comunali del capoluogo, compresi i tempi limitati imposti dalla campagna referendaria, appare chiaro che il PD si è mosso con notevole ritardo. E ciò sia che si consideri la sostituzione di Michele Bertucco alla guida del gruppo consigliare (con i successivi strascichi), sia che si consideri l’individuazione di personalità che avrebbero potuto ambire alla candidatura a sindaco, sia, da ultimo, che si consideri la necessità di costruire (o, quanto meno, rafforzare) la relazione con un corpo elettorale non certo affine all’area democratica e che ha mostrato il proprio distacco dalla politica con un’astensione senza precedenti.
In un quadro siffatto sono arrivate le dimissioni del segretario provinciale, di quello cittadino e infine la decadenza dell’assemblea provinciale. Il Partito Democratico veronese è quindi privo di qualsivoglia punto di riferimento. Né a tale carenza possono sopperire altre figure quali i parlamentari. Il congresso, dunque, dovrebbe essere il luogo ed il tempo per un confronto serio sui temi fondamentali che interpellano il nostro partito, sia a livello cittadino che provinciale. Se verrà ricondotto ad una mera conta di filiere, si sarà persa un’altra occasione.
Le cause: riflessioni e proposte.
Lo stato di criticità in cui versa il Partito provinciale e cittadino è sotto gli occhi di tutti. Hanno chiuso circoli storici ed altri faticano a gestire anche l’ordinaria amministrazione. Il tentativo di affiliare nuovi tesserati è spesso un’impresa titanica; il dato complessivo degli iscritti è vicino al minimo storico nonostante l’impennata di tesserati registrata col recente congresso nazionale.
L’età media degli iscritti non denota certo una prospettiva di lungo periodo ed, in generale, il rapporto con i giovani, se si eccettuano alcuni gruppi di appassionati e volenterosi giovani democratici, non può dirsi idilliaco, anzi. Ma a preoccupare, soprattutto, è la sensazione che si avverte in maniera diffusa. Una sensazione di scoramento, di passione perduta, di ridotta voglia di “farsi su le maniche” e gridare al mondo le ragioni del Partito Democratico.
In taluni casi questi sentimenti si manifestano in maniera più critica e cruda, sino a rifiutare l’appartenenza al PD. Talvolta queste dipartite approdano ad altre formazioni (normalmente più a sinistra), in altri casi invece ci si limita ad un abbandono del campo, con maggiore o minore clamore.
Emergono la diffidenze e le differenze, gli opportunismi ed i tatticismi, le coerenze intermittenti e la generosità misurata. Si sta perdendo l’identità del PD. Stare dalla parte di chi fa più fatica, di chi non arriva alla fine del mese, di chi è oggetto di scherno e di ingiustizie, di chi è ai margini della società, di chi non lavora ed è privato della dignità non è più il nostro mantra. E quando si osa avanzare questa osservazione critica si genera una levata di scudi a tutela del governo, che avrebbe operato in tal senso. Ed allora, poiché non sfuggono le iniziative positive a livello governativo (come peraltro non mancano quelle negative), come leggiamo il crescente distacco delle periferie sociali dal mondo democratico? Possiamo ritenere che sia sempre e solo un problema di cattiva comunicazione, riducendo il problema alla fatica di farsi capire da tutti?
Certo oggi la comunicazione è parte sostanziale della proposta politica, ma il nostro non può essere un Partito che cerca alibi e non legge la realtà. Esaminare con severa attenzione queste difficoltà, che ci fanno apparire distanti dalla gente, è una fatica necessaria. Da una nuova relazione rispettosa, frutto di ascolto e dialogo, può nascere una fase diversa e foriera di politiche illuminate. Perseverare nella tutela del proprio interesse particolare, invece, alimenterà le proprie ragioni, i risentimenti e configurerà una prospettiva sterile per il PD veronese.
Pertanto, senza dare facili giudizi, ma limitandoci a prospettare talune cause dell’attuale fase storica, proponiamo alcune riflessioni originate dalle due idee guida con cui Matteo Renzi ha scalato il PD e ha raggiunto la segreteria: la “rottamazione” dei leader passati e la “conquista di nuovi elettori” che si aspettavano innovazione ed efficienza.
- L’idea guida della “rottamazione” ha generato la promozione “a priori” di una nuova classe dirigente enfatizzando le doti e l’iniziativa personali a scapito della costruzione collettiva di idee, proposte, azioni condivise. In questa logica si pone il mantra della cosiddetta “Democrazia decidente” che teorizza la necessità di arrivare in tempi rapidi ad una decisione, anche a costo di non essere tutti d’accordo. La rapidità è apprezzabile perché, soprattutto in un contesto storico come è quello attuale, rassicura la collettività diffusa. In altri termini, decidere in fretta equivale ad “esser sul pezzo”, reattivi e proattivi. Tuttavia, spesso la rapidità di alcune scelte mal si è conciliata con la condivisione di molta parte del popolo democratico. E’ parso che in molte occasioni non si sia voluto cercare una soluzione mediana condivisa.
La situazione descritta sopra si è manifestata anche a Verona, dove non si riescono a ricordare che sparute occasioni, ormai vecchie di alcuni anni, in cui il partito abbia prodotto iniziative firmate collegialmente.
- Il tentativo di conquistare nuovi elettori ha funzionato benissimo sulla fiducia inizialmente attribuita al nuovo segretario in occasione delle elezioni europee del 2014. Successivamente le cose, in particolare nel Veneto ed a Verona, non sono andate bene. La nostra interpretazione è che l’idea di allettare gli elettori con generiche dichiarazioni di attenzione al centro, pensandoli posizionati come soldatini sullo scacchiere della politica, non funziona. Non ha funzionato, a Verona, dire che “non siamo massimalisti come Bertucco”. Il risultato elettorale in città ci vede perdere circa cinquemila voti sulle precedenti elezioni, la candidata Sindaco prende meno voti del partito nelle circoscrizioni, il nostro capogruppo in consiglio comunale per quattro anni compete contro il PD e raccoglie circa 5.000 voti, siamo fuori dal ballottaggio perdendo contro due liste di destra. Non abbiamo allargato il nostro elettorato, lo abbiamo ridotto tenendoci quello più fedele. Il problema serissimo che, crediamo, abbia avuto il PD veronese negli ultimi tre anni è che non ha studiato i temi caldi della città e della provincia, non è entrato profondamente in relazione con le rappresentanze della società (a cominciare da quelle dei lavori e dei lavoratori, sempre meno affini al PD), l’associazionismo ed i movimenti, non ha condiviso idee guida forti; non ha prodotto una vera e propria linea politica alternativa a quella Tosiana. Si è affidato alla divulgazione delle iniziative nazionali, alla “prudenza” nel contrastare le iniziative della giunta Tosi, alla valorizzazione solo di persone fedeli alla segretaria. Mentre Matteo Renzi ha riempito di prodotti, in buona parte condivisibili ed utili per l’Italia, la sua azione politica, a Verona i suoi sostenitori cercavano di vivere di luce riflessa. Il PD veronese ha rifiutato una lettura attenta delle sconfitte convinto della giustezza della strada intrapresa, non traendo da esse le lezioni che tali sconfitte hanno inferto al partito. Il declino del consenso va ricercato nella perdita di un’identità riconoscibile, nella perdita di capacità programmatica e di una chiara visione alternativa alle politiche messe in campo dalle forze di destra. Troppe volte il PD si è accodato ai temi ed agli orientamenti anche populisti del campo avverso nel timore di perdere consensi.
Le proposte per un confronto
Da queste premesse il gruppo intende contribuire alla costruzione del partito democratico veronese dei prossimi anni facendo tesoro di esperienza di altre realtà (la “conquista di Milano prima con il sindaco Pisapia e, recentemente, con Sala; la riconquista di Padova con il Sindaco Giordani) e del recente passato veronese (l’esperienza della segreteria di Luigi Ugoli, aspetti del programma congressuale unitario 2013, le riflessioni del gruppo dei “Segretari per il congresso”).
Per questo proponiamo di seguito alcuni elementi chiave per un confronto aperto che porti alla costruzione di una piattaforma congressuale realistica e condivisa. Intenzionalmente non proponiamo contenuti specifici ma un metodo da concordare e condividere.
Parole chiave per un metodo di conduzione del partito democratico veronese
… nell’ambito politico
Un partito Democratico veronese …
- come luogo di studio della realtà sociale in cui agisce ed attivo nel confronto con tutti gli interlocutori del territorio, dal mondo del sapere, a quello del lavoro, dall’imprenditoria al sociale;
- che sia luogo del rispetto reciproco e del confronto costruttivo;
- che individui i temi chiave della “veronesità”, ricavandone idee ed iniziative che obblighino le altre forze politiche ad affrontare i temi proposti da noi;
- che individui le scelte strategiche per il futuro di Verona, della sua provincia e del Veneto avendo il coraggio di lanciare prospettive, anticipando i tempi e dando l’esempio;
- che privilegi l’attenzione per i soggetti deboli della società;
- che lavori per la promozione di tutti i territori valorizzandone le specificità;
- che diventi interlocutore attivo di strategia di area larga con i territori limitrofi.
… nella gestione del partito
Un Partito Democratico veronese …
- che riconosca e valorizzi il ruolo e la funzione dei circoli sul territorio;
- che si faccia interprete verso gli organismi del partito regionale e nazionale delle specificità locali;
- che utilizzi efficacemente gli organismi e gli iscritti che vi partecipano;
- che includa tutto il partito nell’elaborazione delle idee e delle iniziative;
- che valorizzi le differenze facendole diventare risorse per la comprensione delle esigenze e per adeguare ai contesti idee e proposte;
- che costruisca e condivida tra tutti i suoi organismi ed eletti la linea politica ed i suoi adeguamenti nel tempo così che tutti si sentano vincolati a rispettarla ed attuarla;
- che garantisca a tutti i suoi iscritti parità di condizioni e sostegno per l’accesso alle funzioni politiche nel partito e nelle istituzioni.
Per il gruppo Orlando-Tonella veronese
Donata Gottardi, presidente
Paolo Martari e Alessandra Salardi, coordinatori provinciali
Maurizio Facincani, Povegliano
Caterina Lombardi, Nogara/Gazzo Veronese
Salvatore Meli, 2° circolo
Roberta Tirelli, 4° circolo
Carlo De Gresti, 1° circolo
Massimo Lanza, Colognola ai Colli
Patrizia Rodighero, 1° circolo
Doriano Lamberti, Mezzane
Luisa Palù, 1° circolo
Emma Benedetti, Pescantina
Luigina Zappon, Legnago
Alessandro Bandiera, 3° circolo
Fabio Merlo, San Bonifacio
Anna Carla Brunelli, Caprino
Claudia Magri, 4° circolo
Matteo Melotti, Villafranca
Luciano Mazzucato, 1° circolo
Federico Righetti, 4° circolo
Anna Righetti, 8° circolo
Marta Chissalè, Nogara/Gazzo Veronese
Paolo Zantedeschi, Negrar
Ulderico Mazzi, 4° circolo
Rolando Vedovelli, Legnago
Federico Righetti, 4° circolo
Guerrino Zandonà, Isola della Scala
Antonio Aldrighetti, Sommacampagna
Matteo Avogaro, Cologna Veneta
Antonello Gregorio, 4° circolo
Riccardo Toti, Sanguinetto
Alberto Brazzabeni, 7° circolo
Luca Bertoldi, 4° circolo
Gaetano Greco, Caprino
Roberto Canteri, 4° circolo
Giandomenico Pitingaro, 1° circolo
Marco Caregaro, Legnago
Pierfabio Frigo, Mozzecane
Rita Andriani, 6° circolo
Ivo Conti, 6° circolo
Nicola Cordioli, Valeggio sul Mincio
Luca Manzelli, S. Ambrogio
Giovanni Alliney, 4° circolo