D’Arienzo: La Lega che ricicla il denaro pubblico.

Pubblicato da il 4 Luglio 2018 0 Commenti

La Lega avrebbe aggirato il sequestro di 48 milioni di euro disposto dal tribunale di Genova a seguito della condanna di Umberto Bossi a due anni e sei mesi per truffa in danno dello Stato ed avrebbe investito illegalmente milioni di euro. Dei 48 milioni di euro il tribunale di Genova è riuscito a reperirne poco più di 2.
Secondo la ricostruzione, l’aggiramento del sequestro di 48 milioni di euro sarebbe avvenuto mediante la costituzione di un’associazione senza scopo di lucro, la onlus “Più voci”, creata nell’autunno 2015 da tre commercialisti, Giulio Centemero, tesoriere del partito, Alberto Di Rubba ed Andrea Manzoni. Questa associazione sarebbe stata usata dalla Lega per ricevere finanziamenti da destinare a società controllate dalla Lega stessa, evitando così il deposito dei soldi sui conti correnti intestati al partito.
Secondo la ricostruzione, il 16 maggio 2012, poco dopo le dimissioni di Bossi da segretario federale, a seguito dell’inchiesta a suo carico per truffa in danno dello Stato, la Lega avrebbe aperto un conto corrente presso la filiale Unicredit di Vicenza dove avrebbe trasferito, nel giro di pochi mesi, 24,4 milioni di euro, dando inizio ad una serie di bonifici e di giroconti che avrebbero portato, nel giro di quattro anni, al prosciugamento delle risorse finanziarie presenti sul conto della Lega.
Di questi 24 milioni di euro una decina “sparì” quasi subito: questo sarebbe avvenuto con “prelievi in contanti, pagamenti non meglio specificati, investimenti finanziari, trasferimenti sui conti delle sezioni locali del partito, bonifici a favore di società di capitali controllate dalla stessa Lega come Pontida Fin, Media Padania ed Editoriale Nord”.
A gennaio 2013, il partito, guidato da Maroni, avrebbe aperto un nuovo conto corrente presso la Sparkasse (presidente Gerhard Brandstätter, già socio d’affari dell’avvocato della Lega di quel momento, Domenico Aiello) dove avrebbe spostato una buona parte delle risorse finanziarie depositate presso Unicredit (4 milioni di euro investiti in titoli finanziari e 6 milioni di euro di liquidità).
Anche queste risorse sarebbero state consumate in fretta: la maggior parte del denaro sarebbe stata usata “per finanziare la campagna elettorale di Maroni alla presidenza della regione Lombardia” con decine di bonifici a società di comunicazione e di organizzazione eventi, tra cui quasi 400.000 euro alla sede irlandese di “Google”, mentre altra parte sarebbe stata usata per finanziare le sedi locali del partito e, soprattutto, le società di capitali della Lega (Radio Padania con 250.000 euro, Editoriale Nord con 600.000 euro, Pontida Fin con 206.000 euro, Fin Group con 360.000 euro).
Una volta “prosciugato” il conto presso la banca Sparkasse, nel dicembre 2013, quando Maroni era ancora il segretario federale, due terzi di 11,2 milioni di euro sarebbero stati investiti in buoni del tesoro italiani, mentre il resto in obbligazioni societarie e titoli derivati (380.000 euro investiti in un derivato, un titolo basato sull’andamento del Ftse Mib) a dispetto delle molteplici dichiarazioni dei dirigenti della Lega contro la finanza speculativa e in palese violazione dell’articolo 9 della legge 6 luglio 2012, n. 96, recante misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici.Anche il segretario Salvini avrebbe continuato a investire i soldi del partito in obbligazioni societarie: 1,2 milioni di euro in Mediobanca, Arcelor Mittal e Gas Natural.
Nei fatti, dal dicembre 2013 al maggio 2014 il patrimonio della Lega, secondo la ricostruzione, sarebbe passato da 14,2 milioni di euro a 6,6 milioni di euro, ma in questo caso non si sa in che modo siano stati spesi questi soldi. Infatti, oggi sui conti correnti della Lega non sarebbe rimasto quasi più nulla ed è per questo motivo che il tribunale di Genova ha potuto sequestrare solo 2 milioni di euro a fronte dei 48 posti sotto sequestro.
Non solo la Lega ha fatto sparire i soldi pubblici che dovevano essere sequestrati, ma avrebbe anche agito in palese violazione del divieto, stabilito dall’articolo 9, comma 22, della legge 6 luglio 2012, n. 96, per i partiti e per i movimenti politici di “investire la propria liquidità derivante dalla disponibilità di risorse pubbliche in strumenti finanziari diversi dai titoli emessi da Stati membri dell’Unione europea”.