DAL MORO: CRISI DELLA POLITICA, CRISI DELLA DEMOCRAZIA 

Pubblicato da il 10 Aprile 2019 0 Commenti

Siamo passati negli ultimi anni dalla sfiducia al rancore nei confronti della politica, come hanno scritto bene sia Aldo Bonomi che Giuseppe De Rita.

Questo ha comportato una rottura profonda tra società e istituzioni che sono quasi tutte state travolte, ritrovandosi ora nella fase dell’inconcludenza per l’arrivo di una classe dirigente per la maggior parte impreparata.

Questo è il dramma che stiamo vivendo, tra proposte populiste e diktat contraddittori che stanno fermando il Paese con rischi di tenuta economica e finanziaria.

La questione ora, come dice bene Marco Follini, non è quanto durerà il Governo giallo-verde, ma per quanto tempo prevarrà  il populismo rispetto al racconto reale del nostro Paese.

Nella società del consumo e del risparmio aumenta il clima di invidia e di rancore.

400 miliardi di euro di investimenti finanziari degli italiani (2 volte il PIL);
900 miliardi liquidi sui conti correnti;
solo in un anno sono aumentati di 180 miliardi i risparmi degli italiani (pari al PIL dell’Ungheria).

Questi alcuni dati che raccontano da una parte un’Italia del risparmio e dall’altra  però registriamo una società che si sta impoverendo sul piano delle diseguaglianze e delle fratture sociali.
Una forbice delle differenze economiche e sociali che si sta ampliando.

I cittadini rimangono sospesi tra l’insoddisfazione di non crescere più e il terrore di fare un passo indietro nella scala economica e sociale e delle garanzie.

Come uscirne?

Servirà un tempo lungo, nessuna scorciatoia potrà essere utile. Abbiamo bisogno come Partito Democratico di contrastare la cultura distruttiva di questi anni con la cultura costruttiva.

Dobbiamo ritornare al merito, alle competenze, alla passione, alla vicinanza al territorio.

Ma tutto questo seppur importante, non sarà sufficiente, servirà un nuovo progetto culturale riformista, liberale e cattolico democratico che disegni un nuovo orizzonte, una nuova speranza per orientare il consenso verso nuovi obiettivi: la riduzione delle diseguaglianze, l’armonizzazione degli strumenti sociali e di welfare, una nuova mediazione tra globalizzazione e identità, una nuova  cittadinanza civica tra diritti e doveri.

Occorre rilanciare il ruolo e la funzione della politica.
La politica non è un’invenzione o un colpo di teatro, un’operazione mediatica.
La politica è un mestieraccio.

Bisogna ridare spazio a chi ha fatto gavetta nei comuni e nelle sezioni di provincia, nel sociale politico, nel volontariato, riaprire le porte a chi il mestiere lo conosce davvero e ha voglia di impegnarsi per il bene della comunità.

La bolla populistica fra non molto scoppierà, dobbiamo farci trovare pronti.