Analisi delle criticità evidenziate nelle nuove Schede Ospedaliere 2019 La posizione del Partito Democratico
Tagli ai posti letto, indici di valutazione Lea in ribasso con la perdita di tre posizioni in un anno, nessuna previsione di assunzione di personale medico e infermieristico, mancata programmazione del tournover dei medici di famiglia, chiusura delle lungodegenze e di alcuni reparti di psichiatria, ancora lunghe liste di attesa per visite specialistiche, errata programmazione degli ospedali di zona, particolarismo nell’attribuzione delle apicalità, declassamento ingiustificato di alcuni ospedali, disomogeneità nella classificazione di ospedali spoke, non un cenno sugli aspetti preventivi della salute.
Le schede ospedaliere licenziate dalla giunta regionale contengono una quantità di criticità tale da mettere a rischio l’equilibrata evoluzione del sistema sanitario regionale.
Innanzitutto, contrariamente agli annunci del Direttore generale della Sanità, viene previsto un nuovo taglio di posti letto negli ospedali pubblici che passano da 14.576 a 14.065, dunque 511 unità in meno, mentre quelli degli ospedali privati accreditati aumentano di 173 unità (da 2.942 a 3.115). Assolutamente anomala la situazione nella Ulss Scaligera 9 dove i 1.368 posti letto privati staccano nettamente i 1.121 posti letto pubblici.
Vale ricordare che con la precedente programmazione del 2013 il Veneto era già una della Regioni con il rapporto di posti letto per mille abitanti più basso d’Italia.
Nel piano della giunta manca un qualsiasi riferimento alle assunzioni del personale medico e infermieristico. Si evidenzia una carenza di medici specialisti e infermieri e si ricorre, dopo Quota 100, con urgenza al piano di assunzione straordinaria e reinserimento dei medici in pensione.
La questione della formazione di nuovi specialisti viene lasciata alle sole Università mentre la carenza è tale che tutti gli hub (ospedali di eccellenza) dovrebbero diventare “istituzionalmente” ospedali di insegnamento così come alcuni ospedali spoke (periferici che interagiscono con li hub).
Vengono soppresse tutte le strutture che accolgono i pazienti post-acuti appena stabilizzati, in sostituzione delle quali verrebbe attivato un numero molto inferiore di Ospedali di Comunità che purtroppo non sono pensati per sostituire la lungodegenza.
Non convince infatti la trasformazione delle lungodegenze in ospedali di comunità non attrezzati per seguire pazienti con patologie complesse. Ciò determinerà costi aggiuntivi a carico delle famiglie che in base alla deliberazione di giunta numero 2091/2015 sono chiamate a coprire i costi delle degenze che si protraggono oltre le 4 settimane, ma anche un congestionamento della catena sanitaria a monte: nelle medicine interne, nelle neurologie, nelle terapie intensive e nelle stroke unit dedicate alle acuzie che non potranno trasferire i pazienti nelle lungodegenze. In definitiva, si abbandoneranno ad un destino assistenziale molto incerto i pazienti che non possono essere curati in un ospedale di comunità.
Sono destinati a sparire, con riduzione di posti letto, reparti di psichiatria, un segnale preoccupante, che merita l’attenzione dei Sindaci di tutti i territori.
La giunta regionale sta scaricando sulle famiglie i problemi dell’assistenza degli ammalati psichiatrici con necessità di cure continuative. Il problema delle malattie mentali è infatti in aumento e il carico e il disagio per le famiglie è molto gravoso.
E’ del tutto errata la previsione degli Ospedali di zona, contraria alle norme programmatorie della Regione Veneto e a quanto previsto dal DM 70/2015 riguardo il range di numero di posti letto (3,7 per mille abitanti) il tipo di specialità presenti e il tipo di apicalità.
Alcuni ospedali di importanza fondamentale per i servizi ai cittadini e con una storia importante vengono declassati a ospedali di base senza ragione. Clamoroso il caso di Villafranca, riconosciuto nel marzo 2018 come “presidio ospedaliero di rete” (spoke) e quest’anno declassato ad ospedale di base.
Paradossale la chiusura di Ospedali storici, con grande bacino d’utenza, come l’Orlandi di Bussolengo, per non “disturbare” le strutture private, le quali vengono invece potenziate anche con ingenti investimenti pubblici.
L’ospedale di Malcesine, punto di riferimento per i cittadini e i turisti dell’alto Garda, è diventata struttura riabilitativa con ventilata riduzione di 30 posti letto e con il rischio che venga privatizzata con l’ok della Regione Veneto.
In alcune ULSS permangono gli “ospedali a due gambe” (cioè strutture geograficamente vicine che si dividono reparti e primariati) classificati come un unico spoke mentre altri, storicamente uniti, sono scissi.
Questa programmazione è sbagliata perché non risponde alle necessità degli operatori né della popolazione, ed è caratterizzata da un invadente centralismo.
Nelle altre Regioni considerate virtuose il livello centrale definisce i criteri e i parametri fondamentali (individuazione degli Ospedali hub, spoke, nodi della rete, numero di posti letto e apicalità complessivi/e), lasciando poi in sede locale in un confronto fra Direttori Generali e Sindaci l’articolazione territoriale dell’organizzazione. In Veneto vengono programmate centralmente addirittura le Unità Operative Semplici di ogni ospedale!
Tutto ciò mortifica ed emargina i Sindaci nel ruolo di proposta, controllo e verifica dei risultati delle politiche sanitarie aziendali e regionali di fatto sancito con il nuovo Piano Socio Sanitario Regionale.
Le criticità evidenziate sulle nuove schede sanitarie verranno sottoposte ad un’attenta analisi nelle audizioni che si stanno effettuando in V Commissione Sanità in Regione con la speranza che si arrivi a nuove valutazioni.
Luisa Caregaro, referente Sanità Segreteria provinciale Pd Verona
Maurizio Facincani, Segretario provinciale Pd Verona