Coronavirus, le criticità verificatesi in Veneto

Pubblicato da il 16 Aprile 2020

In questo periodo ci hanno abituato alle conferenze stampa di Zaia che ci spiega quanto è stato bravo ad affrontare l’emergenza.

In realtà, non essendoci domande o dibattito, è difficile capire cosa per davvero è stato fatto o non è stato affrontato compiutamente.

Eppure, bastava poco. Bastava chiedere ai sanitari, alle case di riposo e ai tanti che stanno lavorando in questo momento, soprattutto nel campo sanitario.

Qui ho riepilogato le criticità che sono avvenute. Questo non vuol dire che sia stato tutto sbagliato, intendiamoci, ma che non tutto è bello come ci viene raccontato.

Il fatto è che si è preferito raccontare quanto detto da Zaia e non approfondire quanto stava accadendo per davvero sul territorio.

Ecco, invece, quello che ho raccolto e che, se leggete bene, molti di voi potranno valutare se è vero o meno:

1)   mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’ esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale.

2)     Errata impostazione iniziale della raccolta dati, che ha sottostimato il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti.

3)     Gestione confusa della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane ovvero la mancanza di una strategia preventiva ed operativa di valutazione delle situazioni più critiche nelle case di riposo.

4)     Mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (compresi i medici delle RSA) e al restante personale sanitario operante nelle strutture ospedaliere pubbliche e private. Questo ha determinato la malattia di numerosi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.

5)     La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, ecc…) a causa della quale non è stato possibile intercettare immediatamente sul territorio i sintomatici, i positivi e far seguire a questo il tracciamento rigoroso dei contatti, la quarantena dei conviventi o dei sospetti a rischio.

6)     Mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio.

7)     L’attribuzione della diagnosi di morte per Covid solo ai deceduti in ospedale, mancando al conteggio delle morti quelle avvenute a domicilio o in residenza, dove i tamponi non sono stati eseguiti.

8)     Mancata dotazione ai medici del territorio di strumenti di diagnosi, controllo e di percorsi preferenziali per una diagnosi rapida e tempestiva.