IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 15 Maggio 2021

Pandemia. I Comuni hanno parato il colpo, ora pensino al territorio.
Il caso di Verona Fiere.

Il Comune di Verona chiude i conti dell’esercizio 2020, l’anno della pandemia, con quasi 168 milioni di avanzo dei quali 29,4 milioni disponibili. Anche la Provincia di Verona segna un avanzo record di 142 milioni di euro. Nel resto della provincia scaligera spuntano “tesoretti”: Cologna Veneta 3,7 milioni, Legnago 2,15 milioni, Cerea 2,2 milioni, Brenzone 2 milioni.
Se il Covid è stata una guerra, le ferite ai bilanci comunali non sembrano lasciare cicatrici evidenti. Merito sì, di una buona cultura amministrativa e di una ottima classe dirigenziale che ha saputo gestire la crisi anche grazie alla “musina” fatta in tempi buoni. Ma merito anche dei vari Decreti Rilancio e Ristori varati dal tanto vituperato Governo Conte bis che, durante il 2020, sono riusciti a tenere a galla l’Italia proprio a partire dai Comuni, compensando le perdite per mancate entrate di imposte e servizi.
Bisognerebbe rivederli oggi, ad un anno di distanza, i siparietti di certi Sindaci che in diretta streaming sprecavano le mattinate a commentare i decreti del Governo bollandoli come insufficienti, incomprensibili, inapplicabili.
Un’altra cosa che manca all’analogia retorica dello “stato di guerra”, a cui in molti hanno attinto a piene mani durante la prima e la seconda ondata della pandemia, è la fase della “ricostruzione post-bellica”: le opposizioni sono insorte ovunque affinché i tesoretti non rimangano tali ma si trasformino in capitale per sostenere la ripresa dell’economia privata e dei servizi ai cittadini, incrociando o anticipando i fondi del Recovery Plan in arrivo dall’Europa.
Il Covid ha messo a nudo le carenze del nostro sistema sanitario a livello territoriale, che dista anni luce dalle eccellenze ospedaliere e che mostra tutti i limiti della direzione verso cui ha spinto soprattutto la Lega in Veneto e in Lombardia, così come la vulnerabilità di una parte importante della nostra economia, fortemente terziarizzata.
Uno di questi settori esposti è sicuramente il comparto fieristico. Dopo anni di gelosa e ostentata autonomia, che portava i vertici di Verona Fiere a negare qualsiasi accesso agli atti ai consiglieri comunali, Verona Fiere è costretta non solo a chiedere l’aiuto del Consiglio comunale in qualità di socio di maggioranza relativa, ma anche a ripensarsi completamente.
Nel 2020 il Covid ha abbattuto il suo fatturato del 60%, e Verona Fiere scopre oggi che non aveva spinto come avrebbe dovuto sulla digitalizzazione e su nuovi modelli di business per controbattere alla forte concorrenza messa in atto dalla Germania nei suoi confronti. Scopre che le mancano competenze preziose nell’analisi dei dati e nel markenting digitale, che ha bisogno di un progetto industriale che intercetti e anticipi le innovazioni dei mercati. E che per recuperare il tempo perduto, ha bisogno anche del sostegno dell’Università e di tutti i centri di competenza veronesi. Sostegno e competenze di cui farebbero bene a servirsi stabilmente tutti gli Enti e le Aziende con capitale pubblico veronesi.
Lo splendido isolamento è dunque finito. Il piano di rilancio si basa sull’apporto di 30 milioni di euro da parte dei soci sotto forma di aumento di capitale e di circa 10 milioni di aiuti governativi.
Ma non basta: i sacrifici a cui sarà chiamato anche il personale dovranno essere compensati da un profondo rinnovamento del management. Senza pensare a modifiche statutarie estreme, serve agire per evitare il rischio di esporre questo asset importante per la vita economica veronese alla conquista da parte dei grandi gruppi che potrebbero spostare altrove gli eventi di maggior richiamo, stringere alleanze con altre Fiere e trovare partner industriali in grado di migliorare il buon posizionamento che Verona Fiere ha nel panorama nazionale ed europeo. Senza però doversi presentare col cappello in mano e seguendo l’unica strada percorribile, che certa parte politica veronese e parte dell’imprenditoria veronese faticano a realizzare: fare squadra.

Maurizio Facincani
Segretario Provinciale