Due anni di governo Meloni: Grandi celebrazioni per nessun risultato
Verona, 2 novembre 2024. Nei giorni scorsi i parlamentari del centrodestra veronese hanno contribuito alle autocelebrazioni della presidente del consiglio Giorgia Meloni per il suo secondo anno di permanenza a Palazzo Chigi. Un’occasione mancata per mettersi in ascolto dei bisogni dei cittadini che, anche a Verona, finora hanno ricevuto ben poche risposte ai loro problemi.
Sanità. Grotteschi i toni trionfalistici sulla Sanità, peraltro resi ridicoli dalla brutta figura fatta da Meloni a Porta e Porta; infatti la spesa pubblica, pur salita a 134 miliardi di euro nel 2024, mantiene un divario di 889 euro pro capite rispetto alla media dei Paesi Ocse membri dell’Unione Europea. La spesa sanitaria delle famiglie è intanto cresciuta del 10,3% in un solo anno, raggiungendo la cifra record di 40 miliardi di euro. Inoltre 4,5 milioni le persone hanno smesso di curarsi a causa delle lunghe liste di attesa.
Pensioni. Avevano promesso di abolire la Riforma Fornero ma hanno finito per ridurre le possibilità di uscita anticipata dal lavoro. Parlavano di aumentare le minime e le hanno alzate di 3 euro al mese. I pensionati vedono erodere il potere di acquisto del proprio assegno (a Verona 1.500 euro in media per gli uomini e solo 800 euro in media per le donne, con il 60% degli assegni pagati dall’Inps al di sotto dei mille euro mensili) dall’inflazione e dalle spese sanitarie crescenti.
Tasse. Altro che difesa del potere di acquisto, la riforma dell’Irpef messa in campo dal governo Meloni comporta un risparmio per le famiglie di appena 15 euro al mese mentre le stesse spendono centinaia e centinaia di euro in più per curarsi e acquistare i farmaci necessari. A completare il quadro delle tasse occulte imposte dal governo Meloni, interviene anche la riduzione delle detrazioni fiscali e, in prospettiva, il rincaro delle accise sul gasolio, che la stessa Meloni aveva indicato come una sorta di furto di Stato ai danni dei cittadini. Si è rivelata una bugia l’annunciata tassazione degli extraprofitti delle banche: in realtà si tratta di un prestito, che verrà restituito nel 2027.
Occupazione. L’attuale governo si accontenta di intestarsi, magnificandoli, i dati positivi del rimbalzo conosciuto dall’economia internazionale nel post Covid, destinato ad affievolirsi sempre più in assenza di una politica industriale capaci di sostenere il ciclo economico. Esultano per ogni zero-virgola fatto segnare dall’occupazione ma tacciono sulle enormi diseguaglianze che con il Pnrr l’Italia aveva preso l’impegno di ridurre: aumento del numero degli inattivi mentre il tasso di occupazione femminile resta tra i più bassi del Vecchio Continente (53,5% contro il 70,8% di media).
Salari. L’Italia rimane l’unico Paese OCSE in cui salari medi sono diminuiti. La mancanza di una legge che regoli il salario minimo fa in modo che la metà delle famiglie in povertà (2,5 milioni) includa un lavoratore con reddito insufficiente a soddisfare i bisogni del nucleo familiare.
Imprese. Come avevamo previsto, la rottamazione delle cartelle esattoriali non ha dato i benefici annunciati mentre è venuta completamente meno la spinta pubblica agli investimenti privati. Il taglio degli incentivi auto e l’inasprimento della tassazione sulle auto aziendali si ripercuoteranno negativamente sulle imprese in generale e, in particolare, su quelle che producono componentistica.
Povertà. L’abolizione tout court del reddito di cittadinanza, l’azzeramento del fondo nazionale di sostegno all’affitto, l’assenza di finanziamenti per il recupero delle decine di migliaia di alloggi pubblici sfitti e la mancanza di politiche efficaci a contrastare il lavoro nero e sottopagato, l’assenza del salario minimo, hanno aumentato l’emarginazione e il disagio sociale.
Enti locali. La grave situazione sociale sta già ricadendo sulle spalle dei Comuni, a cui vengono tolte ulteriori risorse: 3,2 miliardi di investimenti in meno tra il 2025 e il 2029. Per Verona significa circa 10 milioni di euro in meno in 4 anni. Inoltre è prevista una forte riduzione delle possibilità assunzionali, il che contrasta in modo evidente con l’ipocrita richiesta della destra veronese di assumere più vigili.
Immigrazione. Nell’ultimo biennio gli sbarchi – circa 230 mila – sono cresciuti di quasi il 60% rispetto al biennio precedente. Il sistema dell’accoglienza, ancora concentrato sui grandi centri, e le procedure di verifica dello status di rifugiato, rese farraginose e lente, fanno in modo che da un anno e mezzo, oltre 130 mila richiedenti asilo (8 mila in Veneto) restino “parcheggiati” nei centri senza alcuna prospettiva di integrazione (o di espulsione). Tutto questo malgrado le previsioni degli istituti economici più accreditati, che prevedono per il nostro Paese, per i prossimi quattro anni, un fabbisogno di lavoratori immigrati da 650 mila a un milione. Manca totalmente – e volutamente – una strategia di integrazione.
Giovani. Un Governo, infine, disattento ai problemi dei nostri giovani, sempre più numerosi a lasciare l’Italia. Secondo i dati ufficiali, nel 2023 sono stati più di 50 mila i giovani tra i 18 e i 34 anni emigrati all’estero attratti da un lavoro soddisfacente e ben retribuito, ma si stima che i dati reali siano tre volte superiori perché la maggior parte mantiene la residenza in Italia. In Veneto si stima che nel 2023 siano emigrati circa mille giovani al mese, la maggior parte dei quali in possesso di un titolo di studio terziario.