Isola della Scala (Vr), nuovo impianto biometano. Bigon (Pd): “Assessore Bottacin non risponde da un anno a mia interrogazione. Nel frattempo l’iter procede, ma servono approfondimenti sulle ripercussioni ambientali”.
“Nel novembre scorso ho presentato assieme al collega Andrea Zanoni un’interrogazione all’assessore regionale all’ambiente per fare chiarezza sulle modalità con cui è stata autorizzata la costruzione di un impianto di produzione di biometano in via San Gabriele, nel Comune di Isola della Scala (VR). Il tutto in un’area che si trova a stretta vicinanza con la Palude Pellegrina, sito riconosciuto della Rete Natura 2000, e con la storica Villa Zenobio, bene culturale di rilevante interesse. Ma pur a fronte delle serie preoccupazioni circa l’impatto ambientale e paesaggistico dell’impianto, da parte dell’assessore Bottacin non è arrivata alcuna risposta. E nel frattempo l’iter procede”.
La presa di posizione è della consigliera regionale veronese del Pd, Anna Maria Bigon.
“Vogliamo avere un chiarimento sul perché sia stata autorizzata questa realizzazione senza procedere a una valutazione completa e trasparente delle sue conseguenze. E senza prevedere adeguate misure per limitare i danni che il traffico pesante, generato dal trasporto di materiali necessari alla produzione del biometano, potrebbe avere sull’ecosistema e sulla fauna selvatica. L’impianto infatti, secondo la variante presentata, utilizzerà liquami non disponibili in loco e che quindi dovranno essere portati a Isola della Scala. Un trasporto che è destinato a creare notevoli problemi su una viabilità secondaria a carattere prettamente agricolo e residenziale che non sarebbe in grado di sostenere un continuo passaggio di mezzi. Senza dimenticare il conseguente inquinamento ambientale in una zona da sempre a vocazione agricola con coltivazioni di riso vialone nano a marchio IGP che verrebbero sicuramente compromesse”.
Bigon evidenzia infine che”la presenza in Veneto di impianti di biogas è già significativa: gli ultimi dati parlano di oltre 250 siti, spesso di notevoli dimensioni e che comportano uno stravolgimento dell’economia dei territori, che spesso convertono le loro coltivazioni per garantire i prodotti necessari al funzionamento degli impianti. La valorizzazione, invece, degli impianti più piccoli sarebbe fondamentale per garantire il maggior riutilizzo possibile degli scarti della produzione locale, anziché comportare la necessità di approvvigionamenti da lunga distanza. Le comprensibili preoccupazioni dei cittadini non possono rimanere ancora inascoltate”.