Bigon: “Ulss 9, partorire è un’odissea. Con la chiusura di Borgo Trento servono più ostetriche per gli ospedali della provincia”
Bigon: “Ulss 9, partorire è un’odissea. Con la chiusura di Borgo Trento servono più ostetriche per gli ospedali della provincia”
“Appena quattro ostetriche per tutta la Ulss 9, nonostante il reparto di maternità di Borgo Trento sia chiuso: il comportamento dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Verona è incomprensibile, partorire non può diventare un’odissea”. È quanto afferma Anna Maria Bigon, consigliera del Partito Democratico e candidata alle Regionali del 20-21 settembre, annunciando anche un’interrogazione al presidente Zaia e all’assessore alla Sanità Lanzarin, commentando il caso di una giovane coppia che ha dovuto girare tre strutture per far nascere la propria bimba. “La delibera, con due ostetriche aggiuntive a Villafranca e altrettante a San Bonifacio, è del 31 luglio quando i disagi erano già noti: si poteva e si doveva agire diversamente!”
“Il gravissimo problema del citrobacter, su cui ci aspettiamo venga fatta piena luce, ha portato alla temporanea chiusura di un reparto dove ogni anno avvengono circa tremila parti – ricorda l’esponente dem veronese – con conseguente sovraccarico per altri ospedali della provincia: Villafranca, San Bonifacio, Negrar e Peschiera. Per far fronte all’aumento di lavoro è necessario dotarli di personale adeguato e invece l’Azienda ospedaliero-universitaria ha messo a disposizione appena quattro ostetriche su un organico di circa 30 persone, davvero troppo poche. Chi l’ha deciso e con quali criteri?”, domanda la consigliera Bigon. “Visto che il reparto di maternità di Borgo Trento è chiuso da mesi, quali compiti stanno svolgendo le ostetriche? Sono a lavoro, sono state messe in congedo ordinario oppure in ferie?”.
“Siamo di fronte a un’emergenza – sottolinea ancora Bigon – ma la risposta non può essere un pellegrinaggio da un ospedale all’altro, magari mettendo a rischio la salute di mamme e nascituri. La Regione deve intervenire per ripristinare una situazione di normalità, oltre a verificare eventuali responsabilità dell’Azienda ospedaliero-universitaria: casi del genere non devono più succedere”.