IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 6 Febbraio 2022

Generazione Zeta: gli ultimi saranno i primi

Per una sorta di riflesso condizionato si continua ad accostare i giovani al tema del disagio sociale. Si tratta di un evergreen di quella politica da salotto che oggi si nutre di neologismi come lockdown, dad, distanziamento sociale per fare un grande calderone dei fenomeni più disparati, dalle baby gang alle proteste di piazza al disagio giovanile, come se i giovani avessero vissuto l’emergenza sanitaria in cattività, inabili ad esprimere una propria soggettività.
Commis di questo minestrone è il Sindaco di Verona Sboarina, che recentemente ha rilanciato il tormentone, caro alla destra, del drug test nelle scuole, in quanto l’uso degli stupefacenti sarebbe, a suo dire, alla base del fenomeno delle baby gang.
Stando ai dati del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, al 15 gennaio 2022 i minori e giovani adulti fino a 25 anni in carico agli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni sono 13.800 a livello nazionale. Un numero in crescita che richiede interventi per frenare l’ondata prima che diventi uno tsunami, ma non con i drug test, bensì con progetti di prevenzione ed educazione.
Anche tra i giovani e i giovanissimi, la crisi pandemica ha scavato a fondo nelle diseguaglianze preesistenti, amplificando, oltre alla delinquenza minorile, anche la povertà educativa, i disordini alimentari, la dipendenza da elettronica di consumo, la precarietà del lavoro. Secondo i dati della Cgil di Verona, un giovane lavoratore veronese under 35 su cinque (il 20%) risulta un “working poor”, cioè non guadagna abbastanza per vivere autonomamente e dignitosamente.
Le indagini condotte sulle ultime generazioni concordano nel rilevare che i giovani d’oggi mirano a portare nella sfera del lavoro i propri interessi e passioni, integrando lavoro e scelte di vita e familiari, senza rinunciare a chiedere il rispetto dei loro diritti di lavoratori e di persone.
A dispetto dei giudizi sprezzanti che li dipingono come degli scansafatiche, i giovani under 25 sono capaci di elevata flessibilità sul posto di lavoro. Proprio la caratteristica di ricercare un bilanciamento soddisfacente tra vita professionale e vita privata deriva probabilmente dall’aver visto la precedente generazione investita dalla crisi economica, il che li ha resi forse più disillusi ma non meno determinati nel perseguire i propri obiettivi.
Dunque, per sapere di che cosa hanno bisogno i giovani per risollevarsi dall’attuale crisi non c’è che una strada: ascoltarli. Nelle manifestazioni studentesche di questi giorni, anche a Verona, i giovani hanno chiesto un esame di maturità equo, avendo a suo tempo difeso l’apertura delle scuole anche contro molti governatori che invece hanno lavorato per chiuderle; hanno denunciato le criticità dei progetti di alternanza scuola-lavoro che dovrebbero avvicinare il mondo dell’educazione e quello della produzione, ma che hanno visto morire schiacciato da una putrella lo scorso 21 gennaio ad Udine Lorenzo Parelli, un 18enne al suo ultimo giorno di stage.
Dalla fine del primo lockdown denunciano la mancanza di un efficiente piano del trasporto pubblico cittadino, e da sempre lottano contro i rigurgiti di fascismo nella nostra città.
L’esortazione a “prendersi il futuro”, rivolta ai giovani dal Presidente rieletto Sergio Mattarella durante il discorso di insediamento in Parlamento, deve avere spiazzato una buona parte dei parlamentari che del movimento studentesco vede e giudica soltanto gli episodi in cui ci sono scontri o tensioni con la polizia. Eppure, dai Fridays for future al Live Black Matters i giovani non hanno mai smesso di parlare e di interrogare la politica, basterebbe levarsi il prosciutto dagli occhi e dalle orecchie.

Maurizio Facincani
Segretario provinciale