Lavoro povero: una piaga che frena il Veneto e Verona
Quando pensiamo al lavoro povero viene naturale riferirsi ai lavoratori più vulnerabili dei settori meno tutelati e più esposti alla concorrenza che svolgono mansioni a basso contenuto professionale; alle donne anche altamente qualificate che non beneficiano delle tutele della gravidanza; alle famiglie numerose, in particolar modo se all’interno del nucleo è presente un disabile; ai giovani intrappolati nella morsa della precarietà.
Ciò di cui ancora non ci rendiamo conto è che questa condizione di vulnerabilità e di lavoro povero sta diventando sempre più significativa e prevalente anche nel ricco nel ricco Nord Italia, determinando sacche sempre più vaste di disagio sociale (se non di vera e propria povertà) rispetto alle quali le politiche attive del lavoro portate avanti dalle Regioni, Veneto compreso, difficilmente riescono ad incidere e a mettere rimedio.
E’ questo il segnale di allarme lanciato da Vanessa Camani, Consigliera regionale veneta nonché Responsabile politiche del lavoro del Pd Veneto a cui è toccato il compito di tirare le conclusioni del ricco e articolato dibattito di Sabato mattina in Sala Lucchi organizzato dalla Segreteria provinciale del Pd veronese sul tema del “Lavoro Povero. Tra bassi salari e lavori frammentati. Quali soluzioni?” al quale hanno partecipato i sindacati dei lavoratori più rappresentativi, moltissime associazioni imprenditoriali di categoria, rappresentanti del Comune e qualificati esponenti del mondo della cultura e della politica veronesi.
Secondo Camani, che ha cercato di tracciare i contorni di una politica efficace in grado di affrontare tale complessità, misure doverose come il taglio del cuneo fiscale finalizzato a lasciare più stipendio in busta paga ai lavoratori sono necessarie ma non sufficienti. Come esposto da alcuni relatori occorre intervenire con maggiore incisività anche sul lavoro irregolare e sommerso, che in un settore importantissimo per l’economia veronese come l’agricoltura sfocia spesso nell’illegalità e nel caporalato che è schiavitù e negazione di ogni diritto individuale.
Il Reddito di cittadinanza è un tampone che funziona meglio al Sud dove la povertà preserva i tratti tradizionali delle famiglie numerose in cui sono presenti degli inoccupati mentre al Nord l’emergenza riguarda famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese perché i salari sono troppo bassi anche se equamente corrisposti.
Lo stesso Salario minimo non può essere considerata una soluzione definitiva. La grande sfida è rappresentata invece dai mancati rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro, una situazione che determina un doppio danno ai lavoratori a fronte di una inflazione che appare inarrestabile.
Ma per rilanciare la dinamica salariale e l’ascensore sociale occorre un nuovo patto sociale, che parta da una semplice domanda: per quanto tempo ancora questa situazione di bassi salari e lavori frammentati sarà sostenibile da un punto di vista economico dal sistema Paese?
Anche la riqualificazione professionale è un argomento di vitale importanza ma prima occorre stabilire una politica industriale che sappia indirizzare la formazione e la riqualificazione dei lavoratori e delle lavoratrici.
Occorre che tutti, dai Comuni alle Regioni al Parlamento trovino la forza di affrontare nelle proprie scelte quotidiane il tema del posizionamento dei nostri territori all’interno delle catene internazionali di produzione del valore per non correre il pericolo di venire confinati a mere appendici nell’ambito della subfornitura, del commercio o della logistica.
Camani ha infine concluso con una nota “interna” dal sapore congressuale domandandosi quali scelte farà lo stesso Pd di fronte a queste sfide e a questi compiti.